Viaggio tra i piccoli grandi vignaioli cilentani
Durante questa nuova ondata pandemica è capitato tra letture, discussioni e trasmissioni di imbattersi nel termine resiliente che è utilizzato in diversi ambiti ma che in generale vuole indicare la capacità di adattamento e il giusto cambiamento dopo un incidente, uno shock, un evento che ha mutato delle situazioni. Molto spesso addirittura da un accadimento nefasto si trae beneficio per una nuova e lunga visione. Nel nostro caso dopo questo fatto tragico che rimarrà nella storia, continuamente ci chiediamo come realmente il Covid 19 muterà la nostra società o meglio se saremo pronti ad imboccare un nuovo corso verso il cambiamento. In questi lunghi e freddi mesi sicuramente difficili da un punto di vista economico, una nuova strada legata allo scorrere lento delle giornate, ad una nuova percezione delle sensazioni, uno stare insieme più consapevole e vivo ha accresciuto in noi la consapevolezza che il futuro lavorativo deve tener conto di questi piccoli grandi elementi che sono fondanti per un radicale e sostanziale cambiamento. Lavorare meno per lavorare meglio, guadagnare meno per vivere meglio.
Come molti sapranno, al ritrovo di Alberto proponiamo vini artigianali naturali e biologici (c’è una differenza ma la specificheremo in un altro articolo), per scelta, dando voce e visibilità a piccoli produttori che hanno fatto del proprio lavoro una scelta di vita e non un business, o meglio non hanno pensato di intraprendere questa attività per guadagnare e arricchirsi. Nei viaggi precedenti abbiamo raccontato soprattutto di piccoli produttori legati a prodotti della terra, insaccati, formaggi e olio. Quasi tutti con un vissuto incredibile alle spalle e con un unico denominatore al centro della propria scelta: il cambiamento.
Dalla finestra di casa in un silenzio assordante, per molti giorni ho potuto ammirare le porte del Cilento: il Monte Soprano, la dolce collina con in cima Altavilla Silentina, Il monte Stella, le montagne sopra Felitto che ricordano le piramidi egizie, il maestoso Alburno che domina tutta la valle del Sele, la costa fino a Punta Licosa. Questo è lo scenario che ha ispirato il nuovo viaggio che si compone di varie tappe nell’incontaminato Cilento. Eh si perché quando penso alla resilienza, ad un ritorno alla terra più consapevole e giusto, dove ancora la natura domina l’uomo, la mia mente va a questo territorio: un luogo sicuro dove poter immaginare un futuro possibile con scelte innovative e tecnologiche che si adattino alla natura e al giusto scandire del tempo. Racconteremo di cinque piccole cantine artigianali dietro le quali ci sono donne e uomini coraggiosi che da diversi anni hanno sposato nuovi paradigmi di vita in risposta ad un approccio più convenzionale e standardizzato. Raccontare le persone e di conseguenza il loro vino.
La prima tappa è nel comune di Castellabate per questa neonata Azienda Agricola “ Il Colle del Corsicano” di Alferio Romito ( www.ilcolledelcorsicano.it ) , proprietario ed enologo , diplomato all’istituto Agrario di Eboli , laureato in Viticoltura , Enologia e Scienze Agrarie presso la facoltà Federico II di Portici. Alferio ha soli 29 anni da 8 anni ha ripreso la vecchia vigna del nonno e da circa due anni riesce a commercializzare i propri vini. In tutto tre ettari distribuiti su due zone: la prima è da perdere la testa, una vigna a mare a Punta Licosa tra il porticciolo e San Marco: di fronte in lontananza l’isola di Capri e la costiera amalfitana. Qui in prevalenza Fiano, Aglianico e in piccola parte Primitivo. Il perimetro del terreno è lambito da fantastiche piante di ulivo da cui producono un eccellente olio Evo. La seconda all’interno, vicino ai locali dove vinificano, quello più longevo e impervio con la vigna più antica, quella dell’aglianico. Veniamo accolti con grande gentilezza e ospitalità per assaggiare i vini: il Licosa che è un Fiano 100% dalla grande personalità e freschezza oltre ad una buona acidità, Il Patrinus un aglianico con piccola percentuale di primitivo dalle ottime note balsamiche e con una vivacità e buona beva che sdogana il classico Aglianico Cilentano. Un vino che ha tutta una vita d’avanti in decantazione e che promette bene. Non siamo riusciti ad assaggiare, perché terminato, il Furano che è un rosato di aglianico di cui se ne parla molto bene in zona. I vini di Alferio affinano tutti in acciaio e tecnicamente sono fatti ad arte con una produzione che non supera le 10.000 bottiglie e nei prossimi sei mesi tutta l’azienda sarà certificata “biologica”. Lui ci confida che probabilmente in futuro potrà provare ad utilizzare la barrique per alcuni suoi vini anche se per lui non è in questo momento una priorità. Un Cilentano gentile, preparato e volitivo con il suo mondo del vino molto ben chiaro in testa e con tanta strada ancora da percorrere.
Sempre nel Comune di Castellabate torniamo volentieri dai nostri amici Ida Budetta e Mario Corrado , proprietari dell’ Azienda Agricola San Giovanni www.agricolasangiovanni.it . Qui parlare di resilienza, ritorno alla terra, rivoluzione della propria vita ci porterebbe a parlarne per ore. Vi consigliamo semplicemente di andarli a trovare in questo paradiso terrestre che è la loro azienda a Punta Tresino. Qui nel 1999, Ida dopo aver abbandonato la carriera da avvocato e Mario quella da architetto decidono di rivoluzionare la propria esistenza vivendo in un vecchio rudere senza elettricità per due anni. Qui c’era solo la vigna piantata dal padre di Mario nel 1980. Ci troviamo tra Agropoli e Salta Maria di Castellabate su un piccolo promontorio da cui non si scorge alcuna abitazione o struttura ma solo tanto mare, vigna e natura incontaminata. Nel corso degli anni l’azienda è diventata un vero esempio di eco-sostenibilità e bellezza oltre che di estetica. Quando parliamo di estetica pensiamo anche ai loro vini che hanno altri paradigmi rispetto al mondo vitivinicolo cilentano. Produzione di 20.000 bottiglie tutte in regime di agricoltura biologica, un metodo classico, 2 bianchi e tre rossi tutti in acciaio ad eccezione del Maroccia che è una grande espressione dell’aglianico con affinamento in legno. Da ricordare assolutamente anche il Ficonera che è un Piedirosso in purezza di grande impatto ed eleganza.
Per tutto il giorno davanti a tale bellezza, tra i raggi di sole che si nascondevano in rapide nuvole grigie dal color antracite le note di Struggle for pleasure sempre di ritorno nella mente.
Andando verso Agropoli andiamo a trovare Pasquale e Betty dell’Azienda Agricola Casebianche www.casebianche.eu precisamente a Torchiara. Anche qui due professionisti decisero tanti anni fa di abbandonare Napoli e le loro carriere da architetti per andare a riprendere una vecchia azienda di proprietà di Betty e mettere al centro della loro vita la natura, la terra e il trascorrere lento delle stagioni. Una produzione annua di 30.000 bottiglie circa in regime di agricoltura biologica e la mano sapiente dell’enologo Sebastiano Fortunato. Al di là dei buoni rossi e bianchi (Dellemore, Cupersito, Iscadoro, Cumalè) questa azienda va elogiata per la visione e il coraggio dimostrata verso vini frizzanti con il fondo presenti da più di dieci anni e molto alla moda oggi. Stiamo parlando di “La Matta” che è un fiano frizzante con fondo davvero notevole, Fric un aglianico mosso col fondo molto conviviale dal bellissimo colore arancio – melograno e il Paskà, un aglianico rifermentato in bottiglia tra il Lambrusco e il Gragnano e con una buona acidità. Bellissime e uniche le etichette di questi rifermentati!
Considerando che non siamo né in Emilia né tantomeno in Veneto la loro visione è ancor più visionaria in quanto questa zona da pochissimo si sta affacciando al mondo delle bollicine e delle lunghe bevute. Pasquale e Betty vivono in simbiosi e si percepisce, il loro calore e la loro vita fatta di tanta esperienza e fantastici aneddoti rendono ancor più ricca e appagante la nostra visita che si è praticamente svolta sempre a tavola a bere.
Se per le prime tre aziende ci siamo affacciati ad un mondo a confine tra il convenzionale artigianale e il biologico, entrando nella parte interna Cilentana siamo andati a trovare due personaggi molto carismatici e ultra radicali.
Salvatore Magnoni www.primalaterra.it ci accoglie direttamente in vigna tra una piacevole brezza e un profumo di erba tagliata che fa girare la testa. Napoletano con un passato importante nel mondo musicale partenopeo, (ha gestito locali storici come il Diamond Dogs e il Velvet oltre al mitico negozio di dischi “Fonoteca”) decise di voltare pagina dedicandosi alle vecchie vigne degli avi a Rutino di fronte alla fascinosa valle dell’Alento e il Monte Stella alla spalle. Un ribelle! Quattro ettari vitati in prevalenza ad aglianico con nuovi impianti di fiano e malvasia per i nuovi progetti sognanti. Salvatore è un vero vignaiolo in pace con sé stesso, dalla sensibilità e curiosità disarmante. Ci accoglie nel suo bellissimo casolare in pietra cilentana dove vinifica e decanta le proprie creature. Assaggiamo “Primmavera”, il suo nuovo vino rosato dal naso onirico e floreale e con una bevuta quasi da rosso, Rosso del Ciglio, un aglianico dai tannini decisi e dal temperamento sempre portentoso, Primalaterra un vero capolavoro per forza e identità. Un vino senza tempo che racconta il Cilento, quello vero, ruvido e accogliente allo stesso tempo. Una bevuta che lascia profondi solchi sulla lingua e graffianti lacrime nel calice.
Se di Salvatore Magnoni abbiamo apprezzato il suo essere libero e anarchico, di Mario Donnabella www.silvaplantarium.it ci ha sconvolto la sua grande spiritualità e il suo sentirsi parte del sistema terra. Mario è un vivaista prima di tutto, alleva nella sua fantastica azienda agricola centinaia di piante da macchia mediterranea sotto lo sguardo maestoso del Monte Bulgaria a Torre Orsaia, località Cerreto. Ci troviamo nella parte più a sud della regione Cilentana, ai confini con la Lucania. Qui nel corso degli anni ha rigenerato le vecchie vigne dei nonni facendo riemergere vigneti ormai perduti come la Santa Sofia e Mangiaguerra oltre che l’aglianicone. Dopo un approccio molto restio Mario si apre poco a poco e ci fa conoscere il suo mondo, il suo modo di vedere le cose ripetendoci più volte che lui lavora in sottrazione, intervenendo solo nel caso la terra lo richiedesse. Un vino naturale non solo nella vinificazione ma anche a monte e cioè in vigna. Qui ritroviamo il vero vino cilentano, almeno quello che è nel nostro immaginario: un vino che sa di antico, sincero e con un forte richiamo alla vigna e le erbe che stanno attorno a essa. Il Buxento è un aglianicone dal colore scuro quasi come l’inchiostro, tannini giusti e un grande equilibrio. Il Kamaratòn è una piacevole scoperta per chi come noi ama i macerati a dismisura. Un orange cilentano che può competere tranquillamente con quelli goriziani sia per carattere che per sapidità. Due vini affinati in anfora di terracotta e legno che rimandano ad un’altra vita lontana dalle connotazioni vivissime.
Nel Cilento a piccoli passi si sta andando nella direzione giusta, questi custodi della terra hanno abbracciato una fede che affonda le radici nella terra.
La strada ci regala un cielo infuocato al ritorno con Giovanni Lindo Ferretti e il suo “Canto dei Canti”
che si ripete durante il viaggio:
S’alza sommesso il canto
sinuoso come spire d’incenso
sontuoso come sole calante.
Non vorrei essere che qui
in questa incerta ora.
Alberto
#decimoviaggio #Cilento #Castellabate #Torchiara #Rutino #torreorsaia #aglianico #fiano #slowfood #aglianicone #vinidonnabella #salvatoremagnoni #alferioromito #elisabettaiurio #mariodonnabella #piedirosso #casebianche #vinisangiovanni #capotresino